Primi scavi a Grotta Paglicci: la scoperta di Zorzi e la passione di Palma di Cesnola.

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Il territorio di Rignano Garganico, nel cuore del Gargano, è uno scrigno di tesori archeologici che raccontano una storia millenaria. Tra questi, la Grotta Paglicci spicca per importanza, rappresentando uno dei più straordinari giacimenti preistorici non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Le sue scoperte, che abbracciano un arco temporale compreso tra 500.000 e 11.000 anni fa, offrono una panoramica unica sull’evoluzione dell’uomo e sulle sue prime espressioni culturali.

Le origini delle ricerche.

Le indagini scientifiche nella grotta iniziarono nei primi anni Sessanta, quando il Museo Civico di Storia Naturale di Verona, diretto da Francesco Zorzi, avviò una serie di scavi tra il 1961 e il 1963. Dopo un’interruzione di otto anni, gli studi ripresero sotto la guida del celebre archeologo Arturo Palma di Cesnola dell’Università di Siena. Grazie al suo lavoro, il nome di Grotta Paglicci e di Rignano Garganico raggiunse fama internazionale, trasformando il sito in un riferimento fondamentale per la paleontologia e l’archeologia.

Reperti straordinari e continuità storica.

La Grotta Paglicci è unica per la straordinaria quantità e qualità dei suoi reperti, che testimoniano una continuità di occupazione umana attraverso migliaia di anni. Tra i ritrovamenti più importanti ci sono:

  • Industrie litiche, strumenti in pietra utilizzati dai nostri antenati per la caccia e la lavorazione del cibo.
  • Arte parietale, tra cui le rappresentazioni di cavalli (nella foto di apertura di Silvio Orlando) e le impronte di mani, esempi rari e unici in Italia.
  • Arte mobiliare, con graffiti incisi su ossa di animali, lastre calcaree e pietre.
  • Resti fossili e zoologici, che forniscono informazioni preziose sulla fauna e sull’ecosistema preistorico.
  • Resti umani, tra cui due scheletri completi.

I protagonisti umani della Grotta Paglicci.

Tra i ritrovamenti più significativi spiccano due scheletri completi:

  1. Il giovane di 12-13 anni, vissuto circa 24.600 anni fa, è considerato uno dei più antichi rappresentanti della razza mediterranea, pur essendo di tipo Cro-Magnon.
  2. La donna di 20-25 anni, rinvenuta nel maggio 1989, offre un ulteriore tassello nella comprensione delle prime popolazioni europee.

Una scrittura primordiale?

Un ritrovamento particolarmente suggestivo è un ciottolo inciso, sul quale sono presenti linee e segni disposti in modo simile a un codice, paragonabile all’alfabeto Morse. Questo ha portato alcuni studiosi a ipotizzare l’esistenza di una forma rudimentale di scrittura, un’idea che apre scenari affascinanti sull’evoluzione delle capacità comunicative dell’uomo preistorico.

L’eredità di Grotta Paglicci

La Grotta Paglicci non è solo un luogo di grande rilevanza scientifica, ma anche un simbolo del patrimonio culturale e storico del Gargano. Le sue scoperte rappresentano un ponte tra il passato e il presente, offrendo un’opportunità unica per comprendere meglio le nostre radici e l’evoluzione dell’umanità.

Oggi, la grotta e i suoi tesori continuano a essere al centro di studi e ricerche, attirando l’interesse di studiosi e appassionati da tutto il mondo. Rignano Garganico, con il suo patrimonio unico, si conferma una tappa obbligata per chi vuole scoprire il fascino della preistoria nel cuore della Puglia.

Approfondimento.

Il viaggio nella Grotta Paglicci: uno scrigno di storia e cultura paleolitica.

Come dicevamo la Grotta Paglicci, situata nel territorio di Rignano Garganico, rappresenta uno dei siti paleolitici più significativi al mondo. Sin dal 1955, quando Raffaello Battaglia la segnalò per la prima volta, e negli anni successivi grazie alle ricerche guidate da esperti di fama internazionale, questa grotta ha rivelato tesori che narrano oltre 300.000 anni di storia.

Le prime scoperte e i protagonisti delle ricerche.

Nel 1961 iniziarono le esplorazioni sistematiche condotte da Francesco Zorzi, del Museo Civico di Storia Naturale di Verona, in collaborazione con studenti come Arturo Palma di Cesnola e Franco Mezzena. Sebbene la morte prematura dello Zorzi interruppe temporaneamente le ricerche, i risultati furono straordinari, tra cui il ritrovamento di una sepoltura parziale e incisioni artistiche su osso e pietra risalenti all’Epigravettiano finale, circa 17.000 anni fa.

Le sepolture di Grotta Paglicci.

Il 22 settembre 1971 segnò una svolta con la scoperta di un cranio umano appartenente a una giovane adolescente, rinvenuto nello strato gravettiano, risalente a circa 30.000 anni fa. Questa sepoltura, denominata PAII, è stata recuperata integralmente insieme al suo corredo funerario, ricco di ornamenti e cosparso di ocra, elemento simbolico nei riti funebri preistorici.

Quasi due decenni più tardi, nel 1988-1989, fu portato alla luce un secondo scheletro, anch’esso appartenente a una giovane donna vissuta in epoca gravettiana, rinvenuto sei metri più in profondità. Entrambe le sepolture testimoniano una complessa ritualità funeraria, unica per il Paleolitico italiano.

Arte e cultura nella Grotta Paglicci.

La grotta conserva straordinarie testimonianze artistiche, come incisioni su osso e pietra raffiguranti animali, scene di caccia e simboli astratti. Tra i reperti più spettacolari ci sono le pitture parietali raffiguranti mani e cavalli, realizzate con ocra e pigmenti naturali. Queste opere, attribuite ai gravettiani, rappresentano un unicum in Italia e attestano l’alto livello culturale delle popolazioni paleolitiche.

Un sito di rilevanza internazionale.

Con una stratigrafia di 12 metri che abbraccia tutto il Paleolitico, Grotta Paglicci è un vero e proprio archivio naturale. Le ricerche, condotte fino al 2001 da Arturo Palma di Cesnola e proseguite da Annamaria Ronchitelli dell’Università di Siena, hanno fatto di questo luogo un centro di studi paleolitici di importanza mondiale.

La farina più antica d’Italia risale a 32.000 anni fa.

La “farina di Grotta Paglicci” si riferisce a una scoperta archeologica significativa avvenuta nella Grotta Paglicci, situata nel Gargano, in Puglia. Nel 2015, un gruppo di ricercatori italiani ha identificato tracce di farina risalenti a circa 32.000 anni fa, rendendola la più antica finora conosciuta. Gli abitanti preistorici della grotta, appartenenti alla cultura Gravettiana del Paleolitico superiore, erano cacciatori-raccoglitori che avevano sviluppato tecniche avanzate per la lavorazione dei cereali. Utilizzavano un pestello-macinello per macinare chicchi di avena selvatica (probabilmente Avena barbata L.), trasformandoli in farina. Prima della macinazione, i chicchi venivano sottoposti a un trattamento termico, come bollitura, tostatura o arrostimento, per facilitare la macinazione, migliorare la conservabilità della farina e sviluppare un aroma particolare. Questa scoperta indica che, molto prima dell’avvento dell’agricoltura, le popolazioni preistoriche del Gargano avevano già acquisito conoscenze sofisticate nella lavorazione delle piante per scopi alimentari, utilizzando tecniche complesse per produrre farina da cereali selvatici.

Un patrimonio da valorizzare.

Oltre a essere un tesoro per la ricerca archeologica, Grotta Paglicci rappresenta un’opportunità unica per la valorizzazione culturale del Gargano. Con i suoi reperti, le testimonianze artistiche e le storie millenarie, questo luogo invita a un viaggio nel passato remoto, dove i primi uomini hanno lasciato tracce indelebili della loro esistenza.

Grotta Paglicci non è solo una finestra sul passato, ma un monito sull’importanza di custodire e valorizzare il patrimonio culturale per le generazioni future.

Per ulteriori approfondimenti su Grotta Paglicci: LINK

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